Lucia Coppola - attività politica e istituzionale | ||||||||
Legislatura provinciale
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Comune di Trento
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Con la Pfas non si scherza, questo è quanto affermato da chi da anni se ne occupa in tutte le regioni confinanti col Trentino, aggravando la situazione già molto precaria di tutta la Pianura Padana, considerata uno dei territori più inquinati d’Italia. Sappiamo che si tratta di sostanze tossiche utilizzate come impermeabilizzanti e sembra che le concentrazioni più importanti, per quanto attiene alle acque superficiali, sono nei territori di Villalagarina ed Arco dove la popolazione è fortemente allarmata e spaventata. Francesco Basso, ex ispettore Arpav del Veneto, specializzato in siti inquinanti, conosce bene il tema. E ci dice che le mancate analisi sulla catena alimentare, carne, uova, pesce, verdura, che purtroppo si inquina per colpa di acque e terreni inquinati anche lontano dalle forme primarie, possono ingenerare situazioni di allerta sanitaria. Basso in una recente intervista sul quotidiano Il Nuovo Trentino afferma che in Veneto risulta inquinata da Pfas una zona grande come il Lago di Garda, dove i Pfas sono potabili fino 30 nanogrammi. Ora, dare la colpa a Le Monde che ha segnalato la situazione del Trentino ed attaccarsi a questo, come si sta facendo nel governo provinciale, per evitare di affrontare il problema è piuttosto pericoloso e certo non tranquillizza. “Notizie scandalistiche che non fanno bene al Trentino” afferma l’assessore all’ambiente Tonina. I Pfas sono perfluoroalchilici utilizzati per pentole antiaderenti, confezioni idrorepellenti, tessuti tecnico sportivi, pellicole, detergenti, schiume anti incendio. Ora, ciò che risulta nelle affermazioni di coloro che hanno lanciato l’allarme è che anche il Trentino viene coinvolto con due siti dai valori importanti: Villalagarina con valori di 81,9 nanogrammi/litro, ed Arco con 451,6 nanogrammi litro. E purtroppo la presenza sarebbe nelle acque superficiali, quindi la domanda è: dove vanno a finire le acque contaminate? In che modo interferiscono con l’utilizzo dei cittadini in agricoltura e quindi nel pregiudicare la catena alimentare? Ed è possibile che Appa non conoscesse la situazione di Arco e Villalagarina, mentre era all’attenzione quella di Rovereto e della Valle del Chiese? Sembra comunque evidente che fare affermazioni tranquillizzanti a fronte di segnalazioni a dir poco inquietanti provoca un’inevitabile incertezza che ingenera paura. Senza fare analisi approfondite e fornire dati certi, quella provinciale sembra più la politica dello struzzo che preferisce mettere la testa nella sabbia piuttosto che affidarsi ad una doverosa assunzione di responsabilità. Non esiste altra scelta che quella di utilizzare il metodo della ricerca, affidandosi ai dati scientifici e in nome del principio di precauzione quando si parla di inquinanti con gravi incidenze possibili sulla salute di un’intera comunità. E' un compito che spetta alle istituzioni e all’apparato di controllo, salvaguardia e tutela della salute pubblica e dell’ambiente. Un tema è certo quello delle analisi sulle discariche perché, se fosse presente, lo Pfas nel percolato potrebbe contaminare il territorio circostante. Ci aspettiamo perciò che Appa compia analisi accurate, avvalendosi anche delle competenze di istituti di ricerca, in modo tale da tranquillizzare i cittadini delle zone ritenute interessate e, nel caso in cui l’inquinamento da Pfas fosse confermato, mettere in atto tutte le azioni tese a garantire la salute dei cittadini e del territorio.
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LUCIA COPPOLA |
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